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giovedì 1 aprile 2010
sabato 27 marzo 2010
mercoledì 17 marzo 2010
India Kunbha Mela 2010
Nello stato indiano dell' Uttaranchal, nell'antica città santa di Aridwar, dal 14 gennaio al 28 aprile 2010, si celebra il Kumbha Mela, una delle più antiche e venerate celebrazioni della religione IndùDa secoli il Kumbha Mela è la più vasta aggregazione mistica dell’india, dove si incontrano le tre grandi religioni indiane induismo, sikhismo,buddhismo tibetano Un evento unico e coinvolgente che almeno una volta nella vita bisognerebbe vedere, indipendentemente dal proprio credo religioso. Milioni di pellegrini si affollano nelle acque della città santa, purificandosi dal cattivo karma accumulato ,immergendosi ci si garantisce la rinascita in una forma più elevata . E’ un occasione per staccarsi, almeno per noi occidentali, dal nostro mondo fatto di esteriorità e apparenza, entrare in contatto con il Divino,l’ energia fondamentale dell’universo.
Il Kumbha Mela è l’istaurazione temporanea di una città celeste, la costruzione di un sogno collettivo. E’ l’incontro trai Shadu e i pellegrini. Si tiene ad Allahabad, Ujjain, Hradwar e Nasik . In cicli di dodici anni alternati, in modo tale che, circa ogni tre anni si tiene un Kumbha Mela. Il ciclo di dodici anni è correlato al movimento del pianeta giove attraverso lo zodiaco, e quando giove entra nell’acquario, (Kunbha) , la circostanza è più favorevole. Per complicare le cose è collegato anche al ciclo solare ,quando il sole entra nel capricorno o nell’ariete, solo esperti astrologi possono fissare le date esatte. Ma la decisione finale spetta ai Naga Baba . Anche la scelta delle quattro sedi è basata su un mito . La leggenda vuole che sia stato il Dio Vishnu a conquistare la preziosa coppa dell’immortalità e a portarla in salvo nel mondo degli dei. Durante il viaggio Vishnu si fermò quattro volte per riposare e lascio cadere una goccia di nettare nei quattro luoghi, rendendoli sacri.
Sempre intorno alla leggenda che circonda questa festa religiosa, nell’ VIII secolo Adi Shankaracharya ,che secondo le scritture vediche era un incarnazione di Shiva stesso, istituì il Kumbha Mela ( che già esisteva da tempo immemorabile ), per ridare vigore e
purezza all’induismo che stava languendo di fronte al buddhismo,jainismo e islam. Istituì la tradizione di svolgere incontri filosofici dove gli esponenti dei vari gruppi potessero discutere della Verità Assoluta e del bene supremo per l’umanità. Questo in effetti è lo scopo principale del festival ascoltare le istruzioni spirituali e stare in compagnia delle persone sante.Il Kumbha Mela attira ogni genere di pellegrini ed è considerata la più grande riunione di persone e il più grande fenomeno religioso del mondo. Nella città predestinata viene allestito un accampamento temporaneo ma organizzatissimo di tende in riva al Gange, soggiornano ogni volta da 18 a 22 milioni di persone. Asceti e pellegrini appartenenti a 8000 gruppi e istituzioni religiose stanno per giorni insieme in un caotico alternarsi di canti, preghiere, suoni di cembali, corni e conchiglie. Giorno e notte si tengono rappresentazioni sacre e recitazioni delle scritture e delle avventure dei vari Avatara Divini. Canti e cerimonie rituali hai quali tutti possono partecipare liberamente. Il festival dura circa un mese,è un importante dimostrazione della fede incrollabile degli Hindu nel bagno sacro e nel darshan dei sadhu, come strumenti per lavar via i peccati e purificare la propria anima. L’ evento più importa tante è lo shahi snan, o bagno dell’ imperatore, quando tutti gli Akhara formano una processione per essere nel posto giusto nel fiume, al momento giusto, quando il divino influsso dei pianeti è più favorevole per saltare in acqua. Far parte di tutto ciò è un esperienza che lascia il segno, al di la di quello che forse per noi potrebbe sembrare folklore, per i pellegrini è un esperienza di liberazione. Tutte le persone cercano di incontrare il maggior numero di Baba scendendo verso un Dhuni, facendo elemosina, ricevendo benedizioni e cibo benedetto, condividendo la magica atmosfera spirituale. Molte persone troveranno il loro Guru decide
ndo di seguire i suoi insegnamenti e unendosi alla fratellanza dei Sadhu. E’ il momento più propizio per prendere una decisione così importante.Per gli indù, l’illuminazione spirituale è il più alto scopo della vita, quello che le da significato e motivazione. L’ illuminazione è ottenibile in linea di principio da chiunque. L a maggioranza degli individui necessita di diverse incarnazioni prima di potersi illuminare. Vedere Dio divenire uno con l’ assoluto, per immergere la propria mente nella Coscienza Cosmica, in poche parole divenire santi. I sahdu cercano una scorciatoia per raggiungere l’illuminazione in questa vita . Il sahdu rinuncia radicalmente al mondo, per centrarsi radicalmente sulla realtà suprema che lo manifesta. Si astiene dal sesso, recide ogni legame familiare, non ha alcuna proprietà, o abitazione, indossa qualche straccio o non indossa niente, si nutre di poco cibo e semplice. Vive da solo ,ai margini della società, dedicandosi devozionalmente alla Deità prescelta. Alcuni praticano dei rituali magici per essere più vicini alla Divinità ,altri praticano intense forme di yoga ( tipo mantenere un braccio alzato tutta la vita ecc.) e meditazione per aumentare i poteri spirituali e acquisire la conoscenza metafisica .
I sadhu appartengono molteplici sette e ordini. Al momento di unirsi ad una setta, un aspirante sadhu deve sottoporsi ad un rito di iniziazione , considerato come morte simbolica e rinascita. Egli muore alla sua precedente vita terrena per rinascere alla vita divina. Il segno
visibile di questa rinascita è la testa rasata del novizio come quella di un neonato. Dopo l’iniziazione il novizio viene distolto da ogni parola o pensiero relativo alla sua precedente esistenza che è divenuta per lui estranea. La sua età viene ora calcolata dalla nuova nascita. Il vincolo con il suo guru è molto importante , il guru per lui sarà colui che “ dissolve le tebebre” e lo guiderà.Il più importante Kumba Mela è quello che si tiene ad Allahabad meglio conosciuta dai sadhu con il suo antico nome di Prayag ,”il luogo del sacrificio”. E’ situata alla confluenza del Gange marrone, del blue Yamuna e del nascosto mitico Sarasvati sotterraneo: per questo è chiamata la triplice treccia (triveni). E’ un luogo ricco di potere, un “punto di contatto” tra terra e cielo. Questa confluenza , la Sangam,è la più sacra e una delle più utilizzate per il bagno. La terra di questo tirtha è così sacra che , si dice, che anche una briciola di essa può purificare da tutti i peccati.
Ovviamente oltre ad essere un momento di spiritualità il Kumba Mela è anche il paradiso del commercio e della pubblicità, si pensa che quest’anno si spenderanno 2,5 milioni di rupie in 100 giorni. Ci sono molti Swami (maestri di mistica indù) ed altri maestri spirituali che pubblicizzano con cartelli sensazionali la loro esperienza spirituale ,alla ricerca di seguaci. Molti canali televisivi trasmettono pubblicità a pagamento che offrono rimedi spirituali per tutti i tipi di malattie che affliggono il genere umano. Si stima che i sadhu abbiano riversato nell’economia della città almeno 1 miliardo di rupie, solo rilassandosi nelle loro tende ben disegnate.
Al di là di tutto anche quest’ anno in questo oceanico pellegrinaggio si respira lo spirito dell’india. Uomini e donne di ogni casta, animali ed ambiente si fondono nei riti di questa babele contemporanea. Milioni di fedeli immergendosi nel rituale bagno sacro offriranno alla dea del fiume “l’Aarti” un insieme di fiori raccolti nelle foglie seccate dell’albero del sal.
KARNATAKA CENTRALE
HAMPI
Dopo 9 ore di viaggio attraverso questa regione senza poter fare una tappa intermedia per dormire arriviamo a Hospet ,esausti. La cittadina sembra Beirut in una brutta giornata. Piove tutto allagato. Arrivati all’alb
ergo, unica scelta, è costoso e in pessimo stato. Neanche pensare di uscire per mangiare .A parte la pioggia battente e le buche sulle strade che sembrano fatte con l’esplosivo, le strade non sono illuminate. Aspettiamo il domani.
Se è vero che le parole sono pietre, deve essere vero anche che le pietre sono parole. E’ questo che si prova quando si arriva a Hampi, 28 km quadrati di pietre che raccontano la storia. Sono le rovine della città di Vijayanagar XV secolo. Sono immerse in questo straordinario paesaggio caratterizzato da enormi blocchi di granito incastonati tra risaie e piantagioni di banane. Questo sito è patrimonio dell’UNESCO. Il posto è molto vasto ci s’immerge in un’atmosfera molto rilassata, merita di dedicarci più giorni per godere della vita fuori dal tempo di chi vive e abita in mezzo alle rovine. Nelle leggende del Ramayana, uno dei più gradi poemi epici della mitologia indù, questa regione era il kishkinda, il reame delle divinità scimmie. Nel 1336 i principi Telugu Arihara e Bukka fondarono la città di Vijaynagar, che raggiunse nei 2 secoli successivi il culmine della sua potenza. Nel XVI secolo la regione intorno a Vijaynagar copriva un
a superficie di 650kmq e contava una popolazione di 500.000 persone. Il bazar era molto animato, i mercanti di pietre preziose venivano anche da molto lontano. Era un centro di commercio internazionale. Tutto questo termina bruscamente nel 1565 quando la città fu saccheggiata da una confederazione di sultanati del Deccan. In seguito l’impero declinò molto rapidamente fino a scomparire del tutto. La costruzione più anticha della cittadina è il Virupasksha temple, il gopuran principale è alto quasi 50 m. fu costruito nel 1442, mentre nel 1510 ne fu aggiunto un secondo più piccolo. Le rovine sono suddivise in due aree principali: il centro sacro, attorno ad Hampi bazar e il centro regio, a sud di questo, nei pressi di Kamalapuran. Il santuario più venerato è dedicato a Virupaskha, una delle manifestazioni di Shiva. E’ stupefacente vedere che quando un raggio di luce del sole che passa da est attraverso un buco vicino al Sancta Sanctorum, l’ombra formatasi sul muro è la miniatura del gopuran del tempio. Se Lakshmi (l’e
lefantessa del tempio) e il suo conduttore sono nei paraggi, potete ricevere uno smooch ( benedizione) dall’animale. L’elefantessa appoggerà la sua proboscide sulla vostra testa. All’estremità orientale di Hampi bazar un sentiero praticabile solo a piedi vi porta al Vittala temple, capolavoro delle rovine di Hampi risale al XVI secolo. E’ in buono stato di conservazione, anche se alcuni interventi di restauro sulle colonne sono stati fatti con del cemento a vista per impedire il crollo. I lavori di costruzione iniziarono durante il regno di Krishnadevaraya non furono mai portati a termine e il tempio non fu mai consacrato, ma le decorazioni scultorie rappresentano l’apice dell’arte vijayanagar. I pilastri “musicali” esterni risuonano se sono colpiti con un oggetto. Nel cortile del tempio c’è un elaborato carro in pietra con un’effige di Garuda In passato il carro con le ruote in pietra funzionava. In mezzo a questi monumenti di valore storico inestimabile vive un intero villaggio che ha colonizzato il tempio. Una moltitudine colorata e vociante di donne e bambini, ha trovato casa tra le colonne
del tempio, ha steso il bucato ad asciugare, sta cucinando al limitare del colonnato. La moltitudine di bambini ti corre incontro incuriosi
ta da ogni cosa portata dai turisti, adorano farsi fotografare per poi rivedere miracolosamente la loro immagine in quella piccola scatola nera. E’ stato molto bello lasciasi travolgere da questi bambini, sederci sui gradini del colonnato e dividere con loro del cibo. Erano vestiti stranamente, nonostante la temperatura calda, con indumenti di lana pesante e degli stranissimi copricapo a cappuccio con mantellina. E’ molto bello lasciare il caos dell’hampi bazar per scendere verso il fiume al ghats. Dove trovi le ragazze che lavano i panni e stendono ad asciugare i loro sari coloratissimi sui gradini del ghats, accanto a loro un uomo lava le sue due candide mucche, sempre di seguito altre donne lavano le stoviglie, altre fanno abluzioni purificatrici , immergendosi nelle acque del fiume. Per noi questa connivenza di persone animali e varie attività nella stessa acqua ci risulta difficile da capire. Ma questa è l’ India dove tutto è possibile . L’India è India come amano spesso dire gli indiani. Su un masso in mezzo al fiume c’è un’incisione che raffigura Nandi il veic
olo di Shiva, E’ un luogo molto sereno dove si vivono scene di vita quotidiana, la gente si ferma volentieri a parlare, a raccontare della loro vita. Da qui si gode la bellissima vista del villaggio Virupapur gaddi, sulla sponda di fronte, una piccola barca fa la spola per portare le persone. Al villaggio si può soggiornare in pittoreschi bed end breakfast presso famiglie che affittano stanze. Dalla veranda della stanza che abbiamo affittato in una comoda amaca, guardiamo il fiume che scorre lento, osserviamo queste donne, bambini e animali che si muovono in una dimensione che ci sembra irreali, in un altro tempo. Il nostro mondo ci sembra così lontano, ci fermeremmo volentieri in quest’oblio di serenità. A sud del Virupaksha temple c’è l’Hemacuta h
ill, dove ci sono alcune rovine di un tempio giainista, ma la cosa più interessante è que
sta enorme scultura monolitica di 6.70 m. di altezza di Narasimha ( Vishnu nelle sua incarnazione uomo leone) è rappresentata seduta con dietro sette teste di cobra che la circondano. E’ stata eretta nel 1528 ed è stata scolpita in un solo blocco di pietra. Accanto alla statua di Nararsimha si può ammirare il più grande Shivalinmga, chi io abbia mai visto, 3 Mt. di altezza per un diametro di altrettanti. Si trova permanentemente in acqua alimentato da una sorgente sotterranea. Limgam in sanscrito significa letteralmente “marchio” o “segno”. Consiste in un oggetto dalla forma ovale, simbolo fallico considerato una forma di Shiva. L’utilizzo di questo simbolo come forma di adorazione è senza tempo in India. I devoti ci versano sopra l’acqua, che è raccolta e drenata da un piedistallo. Il Limgam simboleggia insieme l’aspetto creativo e distruttivo del Signore. I devoti gli attribuiscono una grande santità. Un'altra zona interessante molto diversa da Hampi bazar è il centro regio. Il sito è particolare per questi enormi massi tondeggianti su cui ci si deve arrampicare, sperando che non piova com’è successo a noi, altrimenti diventa difficile la discesa vista, la loro ripidità. Il complesso murario è composto dagli edifici dello Zenana Enclosure e Elephant stables. Il primo custodisce il Lotus mahal, un padiglione dal disegno delicato che costituisce una straordinaria sintesi tra lo stile islamico e quello hindu e che deve il proprio nome al loto scolpito al centro del soffitto a volta. Le Elephant Stables sono un sontuoso edificio con stanze dal tetto a cupola all’interno del quale in passato erano alloggiati gli elefanti reali. La pioggia ci ha accompagnato durante tutta la visita, speriamo di lasciarla qui e proseguiamo il nostro viaggio.
HAMPI
Dopo 9 ore di viaggio attraverso questa regione senza poter fare una tappa intermedia per dormire arriviamo a Hospet ,esausti. La cittadina sembra Beirut in una brutta giornata. Piove tutto allagato. Arrivati all’alb
Se è vero che le parole sono pietre, deve essere vero anche che le pietre sono parole. E’ questo che si prova quando si arriva a Hampi, 28 km quadrati di pietre che raccontano la storia. Sono le rovine della città di Vijayanagar XV secolo. Sono immerse in questo straordinario paesaggio caratterizzato da enormi blocchi di granito incastonati tra risaie e piantagioni di banane. Questo sito è patrimonio dell’UNESCO. Il posto è molto vasto ci s’immerge in un’atmosfera molto rilassata, merita di dedicarci più giorni per godere della vita fuori dal tempo di chi vive e abita in mezzo alle rovine. Nelle leggende del Ramayana, uno dei più gradi poemi epici della mitologia indù, questa regione era il kishkinda, il reame delle divinità scimmie. Nel 1336 i principi Telugu Arihara e Bukka fondarono la città di Vijaynagar, che raggiunse nei 2 secoli successivi il culmine della sua potenza. Nel XVI secolo la regione intorno a Vijaynagar copriva un
domenica 24 gennaio 2010
La grande Muraglia
Conosciuta dai cinesi come la “ Muraglia lunga 10.000 lì "( un lì corrisponde circa a 500mt ), la Grande Muraglia ( Chàngchèng ) si estende dalla provincia di Liàonìng fino a Jiàyùguàn, nel deserto del Gobi. Il muro originario fu eretto oltre 2000 anni fa durante la dinastia Qin (221-207 a.C. ), quando la Cina venne unificata sotto l’ imperatore Qin Shi Huang,mentre le barriere difensive in muratura, costruite da regni indipendenti per proteggere i terreni dalle invasioni dei predoni nomadi, furono collegate l’una all’altra. L’impresa richiese migliaia di operai, molti dei quali erano prigionieri politici e 10 anni di duro lavoro. Progettata perché costituisse un’impenetrabile barriera difensiva contro gli invasori, la Muraglia non ha mai svolto la funzione per cui era nata. Come, a quanto si racconta, osservò Gengis Khan, la forza di una muraglia dipende da chi la difende, e le sentinelle dopo tutto potevano essere corrotte. Funzionò come strada sopraelevata, che consentiva lo spostamento di persone ed equipaggiamenti attraverso il terreno montuoso. Il suo sistema di torri di segnalazione, che utilizzava segnali di fumo prodotti dalla combustione dello sterco di lupi, trasmetteva rapidamente alla capitale le notizie sui movimenti dei nemici. 
L’escursione alla muraglia cinese si può fare in due modi. Da Badaaling a 70 km a nord-ovest di Beijing a un’altitudine di 1000 Mt, con una comoda funivia, assaltati da una moltitudine di venditori ambulanti e di bancarelle che vendono souvenir. Dove si trovano gioielli in giada e pietre preziose che dal prezzo non possono essere che di vetro. Medici in camice bianco che diagnosticano disturbi curabili soltanto con costosi e misteriosi rimedi cinesi, che sono prontamente forniti sul posto. Oppure bisogne trovare un accesso un po’ meno “accessibile”. Parliamo con la nostra guida cinese, spiegandogli le nostre perplessità e aspettative. Ci propone di andare a Haunghua a 60 km a nord di Beijing. E’ un tratto non ancora restaurato, è diviso in due settori che s’inerpicano sui fianchi delle colline intorno a un bacino idrico; con i suoi bastioni alti e ampi, parapetti intatti e massicce torri di segnalazione, rappresenta un classico ben conservato esempio di fortificazione Ming. La proposta prevede di dormire in casa di contadini nelle adiacenze della muraglia in una stanza in comune con il bagno sotto le stelle. Per noi è un po’ eccessivo non siamo ancora pronti a ciò. Scegliamo di fare solo i pasti da loro. L’unico albergo disponibile è bello all’apparenza ma come spesso ci è accaduto, ma tenuto in pessime condizioni. Jerry, la nostra guida, dormirà dalla famiglia ci lascia dicendoci che nessuno del personale parla inglese, per cui siamo soli. Dalle finestre della camera s’intravede la protagonista, La grande Muraglia. È’ lì imponente e silenziosa che domina la valle. Il tempo speriamo che migliori il giorno dopo , una nebbiolina rende l’atmosfera un po’ misteriosa e solitaria. Jerry ci saluta ci verrà a prendere alle 6 del mattino. Solita notte travagliata. Il nuovo fuso ci lascia ancora un po’ fusi.
Ci svegliamo alle cinque hanno appena tolto l’acqua in bagno per cui usciamo così come siamo. Ha appena finito di piovere .La mia speranza di belle foto si affievolisce. Albeggia l’atmosfera e fantastica questo gigante ci guarda sfumandosi nella nebbia. Ci incamminiamo in un sentiero di campagna completamente avvolto dagli alberi, l’erba bagnata ha un colore verde intenso. In poco tempo anche noi siamo completamente bagnati dalle gocce che cadono dalle fronde. Sentiamo un rumore di acqua che cade, una cascata pensiamo. Stiamo andando verso una diga che nostro malgrado attraverseremo. Il paesaggio che ci si presenta è: a sinistra un lago con l’acqua a raso, il muraglione della diga, a destra, l’acqua che tracima in una cascata. Noi dobbiamo passarci in mezzo. Rimaniamo un attimo sconcertati l’acqua che tracima, è poca per fortuna. Davanti a noi il passaggio è largo circa due metri con una parte acqua, dall’altra uno strapiombo di centinaia di metri intorno la nebbia …. Anche oggi la nostra avventura è cominciata. Passata la diga, il sentiero s’inerpica sulla collina ripido e bagnato , camminiamo una mezzora, arriviamo davanti a una scala di legno tipo ferrata di montagna che ci permette di salire sul gigante. L’emozione e molto forte ci sediamo sui gradini e restiamo ad ascoltare il silenzio, ci immaginiamo di sentire l’eco delle voci degli operai che l’ hanno costruita ,degli eserciti che ci hanno marciato sopra . E’ sempre molto difficoltoso viaggiare organizzandosi da soli e volendo entrare veramente in contatto con i luoghi e le persone ma momenti come questo, avvolti in questa nebbiolina cinese, ti fanno dimenticare tutte le difficoltà. Pensi già alla prossima
tappa. Scattiamo il solito centinaio di foto e ci prepariamo alla discesa. A dir la verità abbiamo anche un po’ fame, arriviamo dalla famiglia dove dovremmo mangiare che sono ormai le undici, ci laviamo in cortile, visto che al mattino ci siamo lavati come i gatti con l’acqua della bottiglia di minerale. Finalmente ci sediamo sotto le fronde di un bellissimo ficus e facciamo colazio
ne–pranzo, come spesso ci succede nelle escursioni. Hanno cucinato per noi dei piatti a base di verdure del loro orto, fagiolini melanzane e altre verdure locali gli immancabili noudols e riso, le posate oramai ce le siamo dimenticate, inutile chiederle, in questo “ agriturismo “. Siamo diventati abbastanza abili con le bacchette le fame aguzz
a l’ingegno. La famiglia è molto cordiale e ci chiede notizie attraverso la guida che ci fa da traduttore, sono molto curiosi di sapere da dove veniamo come ci troviamo, e perché siamo così interessati a questo gigante che è lì da sempre, domina dall’alto la loro casa e per loro è di famiglia. Camminata per arrivare al nostro mezzo dove ci addormentiamo tutti, mentre l’autista ci porta verso una nuova avventura.

L’escursione alla muraglia cinese si può fare in due modi. Da Badaaling a 70 km a nord-ovest di Beijing a un’altitudine di 1000 Mt, con una comoda funivia, assaltati da una moltitudine di venditori ambulanti e di bancarelle che vendono souvenir. Dove si trovano gioielli in giada e pietre preziose che dal prezzo non possono essere che di vetro. Medici in camice bianco che diagnosticano disturbi curabili soltanto con costosi e misteriosi rimedi cinesi, che sono prontamente forniti sul posto. Oppure bisogne trovare un accesso un po’ meno “accessibile”. Parliamo con la nostra guida cinese, spiegandogli le nostre perplessità e aspettative. Ci propone di andare a Haunghua a 60 km a nord di Beijing. E’ un tratto non ancora restaurato, è diviso in due settori che s’inerpicano sui fianchi delle colline intorno a un bacino idrico; con i suoi bastioni alti e ampi, parapetti intatti e massicce torri di segnalazione, rappresenta un classico ben conservato esempio di fortificazione Ming. La proposta prevede di dormire in casa di contadini nelle adiacenze della muraglia in una stanza in comune con il bagno sotto le stelle. Per noi è un po’ eccessivo non siamo ancora pronti a ciò. Scegliamo di fare solo i pasti da loro. L’unico albergo disponibile è bello all’apparenza ma come spesso ci è accaduto, ma tenuto in pessime condizioni. Jerry, la nostra guida, dormirà dalla famiglia ci lascia dicendoci che nessuno del personale parla inglese, per cui siamo soli. Dalle finestre della camera s’intravede la protagonista, La grande Muraglia. È’ lì imponente e silenziosa che domina la valle. Il tempo speriamo che migliori il giorno dopo , una nebbiolina rende l’atmosfera un po’ misteriosa e solitaria. Jerry ci saluta ci verrà a prendere alle 6 del mattino. Solita notte travagliata. Il nuovo fuso ci lascia ancora un po’ fusi.
Ci svegliamo alle cinque hanno appena tolto l’acqua in bagno per cui usciamo così come siamo. Ha appena finito di piovere .La mia speranza di belle foto si affievolisce. Albeggia l’atmosfera e fantastica questo gigante ci guarda sfumandosi nella nebbia. Ci incamminiamo in un sentiero di campagna completamente avvolto dagli alberi, l’erba bagnata ha un colore verde intenso. In poco tempo anche noi siamo completamente bagnati dalle gocce che cadono dalle fronde. Sentiamo un rumore di acqua che cade, una cascata pensiamo. Stiamo andando verso una diga che nostro malgrado attraverseremo. Il paesaggio che ci si presenta è: a sinistra un lago con l’acqua a raso, il muraglione della diga, a destra, l’acqua che tracima in una cascata. Noi dobbiamo passarci in mezzo. Rimaniamo un attimo sconcertati l’acqua che tracima, è poca per fortuna. Davanti a noi il passaggio è largo circa due metri con una parte acqua, dall’altra uno strapiombo di centinaia di metri intorno la nebbia …. Anche oggi la nostra avventura è cominciata. Passata la diga, il sentiero s’inerpica sulla collina ripido e bagnato , camminiamo una mezzora, arriviamo davanti a una scala di legno tipo ferrata di montagna che ci permette di salire sul gigante. L’emozione e molto forte ci sediamo sui gradini e restiamo ad ascoltare il silenzio, ci immaginiamo di sentire l’eco delle voci degli operai che l’ hanno costruita ,degli eserciti che ci hanno marciato sopra . E’ sempre molto difficoltoso viaggiare organizzandosi da soli e volendo entrare veramente in contatto con i luoghi e le persone ma momenti come questo, avvolti in questa nebbiolina cinese, ti fanno dimenticare tutte le difficoltà. Pensi già alla prossima
tappa. Scattiamo il solito centinaio di foto e ci prepariamo alla discesa. A dir la verità abbiamo anche un po’ fame, arriviamo dalla famiglia dove dovremmo mangiare che sono ormai le undici, ci laviamo in cortile, visto che al mattino ci siamo lavati come i gatti con l’acqua della bottiglia di minerale. Finalmente ci sediamo sotto le fronde di un bellissimo ficus e facciamo colazio
ne–pranzo, come spesso ci succede nelle escursioni. Hanno cucinato per noi dei piatti a base di verdure del loro orto, fagiolini melanzane e altre verdure locali gli immancabili noudols e riso, le posate oramai ce le siamo dimenticate, inutile chiederle, in questo “ agriturismo “. Siamo diventati abbastanza abili con le bacchette le fame aguzz
a l’ingegno. La famiglia è molto cordiale e ci chiede notizie attraverso la guida che ci fa da traduttore, sono molto curiosi di sapere da dove veniamo come ci troviamo, e perché siamo così interessati a questo gigante che è lì da sempre, domina dall’alto la loro casa e per loro è di famiglia. Camminata per arrivare al nostro mezzo dove ci addormentiamo tutti, mentre l’autista ci porta verso una nuova avventura.
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domenica 17 gennaio 2010
Cina:
Provincia del Fujian - Contea di Yongding
Arriviamo in aereo a Xiamen. Xiamen è una piacevole cittadina affacciata sull’oceano. Si sente ancora un po’ del fascino della vecchia Cina. Soprattutto andando in giro per le campagne a visitare piccoli villaggi rurali. La vita contadina qui è ancora molto attiva. Le risaie sono piene di donne che lavorano. Altre in un campo immenso stanno piantando minuscoli spicchi di aglio. Io e i miei compagni di viaggio siamo affascinati nel assaporare questa atmosfera di altri tempi.
C’è la minuscola isola di Gulang Yu che si affaccia davanti al porto di Xiamen il tratto di mare è solcato da piroghe, dove degli uomini stanno gettando delle reti da pesca. Guardando meglio, in questo silenzioso , ma caldissimo pomeriggio,vediamo che le rive sono popolate di pescatori. Alcuni stanno pescando con la canna, altri riparano con millenaria maestria le reti da pesca. Queste immagini si riflettono nel verde dell’acqua, dove i gigli selvatici creano delle sfumature viola chiare.Torniamo nel nostro semplice ma confortevole albergo, per prepararci al vero motivo che ci ha portati qui. Raggiungere Yongding per vedere l’architettura dei Tulou. 
Yongding è una contea situata lungo la costa sud orientale della Cina, di fronte all’ isola di Taiwan .
Una vallata verdissima caratterizzata da montagne poco alte e terreni coltivati. Bisogna essere molto adattabili per spingersi fin qui perché non ci sono alberghi. Si dorme in abitazioni spartane, molto spartane, tipo con il bagno in cortile in comune. Ma è un esperienza che ti resta nell’anima.
Il loro isolamento secolare ha contribuito a preservare il loro patrimonio architettonico d’incredibile bellezza.Il fascino indescrivibile di essere in questo posto, dove la vita scorre “in un altro tempo” rispetto al nostro. Sappiamo che sarà un lungo viaggio in pulman, circa quattro ore. Le prime due ore trascorrono su di un modernissimo autobus con ogni confort aria condizionata ecc. Scendiamo in un affollatissima stazione degli autobus, forse sarebbe meglio dire corriere. Non è facile trovare la nostra coincidenza per Yongding, pochi si avventurano fin là. Finalmente troviamo il nostro mezzo una affollatissima e scalcinata corriera. Una ordinata coda di persone, bambini, valigie, scatoloni, gabbie con galline aspetta pazientemente che aprano le porte. Anche noi ordinatamente lì con il nostro efficientissimo trolley, freschi di doccia. L’ultima per qualche giorno. Ma non lo avevamo ancora capito. Le tre ore successive sono state abbastanza pesanti. Eravamo stipati con questa variopinta umanità, anche il corridoio era pieno di gente.
Provincia del Fujian - Contea di Yongding
Arriviamo in aereo a Xiamen. Xiamen è una piacevole cittadina affacciata sull’oceano. Si sente ancora un po’ del fascino della vecchia Cina. Soprattutto andando in giro per le campagne a visitare piccoli villaggi rurali. La vita contadina qui è ancora molto attiva. Le risaie sono piene di donne che lavorano. Altre in un campo immenso stanno piantando minuscoli spicchi di aglio. Io e i miei compagni di viaggio siamo affascinati nel assaporare questa atmosfera di altri tempi.
C’è la minuscola isola di Gulang Yu che si affaccia davanti al porto di Xiamen il tratto di mare è solcato da piroghe, dove degli uomini stanno gettando delle reti da pesca. Guardando meglio, in questo silenzioso , ma caldissimo pomeriggio,vediamo che le rive sono popolate di pescatori. Alcuni stanno pescando con la canna, altri riparano con millenaria maestria le reti da pesca. Queste immagini si riflettono nel verde dell’acqua, dove i gigli selvatici creano delle sfumature viola chiare.Torniamo nel nostro semplice ma confortevole albergo, per prepararci al vero motivo che ci ha portati qui. Raggiungere Yongding per vedere l’architettura dei Tulou. 
Yongding è una contea situata lungo la costa sud orientale della Cina, di fronte all’ isola di Taiwan .
Una vallata verdissima caratterizzata da montagne poco alte e terreni coltivati. Bisogna essere molto adattabili per spingersi fin qui perché non ci sono alberghi. Si dorme in abitazioni spartane, molto spartane, tipo con il bagno in cortile in comune. Ma è un esperienza che ti resta nell’anima.
Il loro isolamento secolare ha contribuito a preservare il loro patrimonio architettonico d’incredibile bellezza.Il fascino indescrivibile di essere in questo posto, dove la vita scorre “in un altro tempo” rispetto al nostro. Sappiamo che sarà un lungo viaggio in pulman, circa quattro ore. Le prime due ore trascorrono su di un modernissimo autobus con ogni confort aria condizionata ecc. Scendiamo in un affollatissima stazione degli autobus, forse sarebbe meglio dire corriere. Non è facile trovare la nostra coincidenza per Yongding, pochi si avventurano fin là. Finalmente troviamo il nostro mezzo una affollatissima e scalcinata corriera. Una ordinata coda di persone, bambini, valigie, scatoloni, gabbie con galline aspetta pazientemente che aprano le porte. Anche noi ordinatamente lì con il nostro efficientissimo trolley, freschi di doccia. L’ultima per qualche giorno. Ma non lo avevamo ancora capito. Le tre ore successive sono state abbastanza pesanti. Eravamo stipati con questa variopinta umanità, anche il corridoio era pieno di gente. Tutti erano molto incuriositi dalla nostra presenza, volevano sapere , perché, come e dove stavamo andando. La strada si inerpica su e giù da queste colline con curve e tornanti. Da asfaltata, diventa sterrata, con numerosi lavori in corso dovuti alle frane . Sono vallate coltivate a riso e foreste di bambù. Piove molto infatti l’ultima parte del viaggio la facciamo sotto l’acqua. Arriviamo dopo 4 ore abbastanza provati. 
Il nostro alloggio è al terzo piano di un Tolou una stanza molto semplice con due giacili qualche coperta, il bagno in cortile. Parliamo sino a tardi con i nostri compagni per trovare il coraggio di ritirarci nella nostra stanza. Sarà una lunga notte piena di risvegli. Sopravissuti. Al mattino quello che andiamo a visitare ci ripaga delle fatiche.
Queste architetture sono le singolari abitazioni delle etnie Hakka che sono migrate verso sud per sfuggire alle persecuzioni e alle carestie. Il nome Hakka significa infatti ospiti.Ogni Tolou ospitava un intera comunità completamente autosufficiente di cibo acqua e tutto quello che poteva servire per vivere. Superato l’imponente portone, tra cortili concentrici, scale di legno e lanterne rosse si svolge ancora una vita di campagna dai ritmi antichi.
Direttamente affacciata sulla corte c'è la cucina che è anche l'ambiente dove si trascorrono le giornate invernali; sopra c'è il granaio che all'occorrenza può servire come magazzino; mentre al terzo e al quarto piano si trovano le camere da letto,arieggiate da piccole finestre.
Come un gioco di scatole cinesi, l'edificio principale ne contiene altri, più piccoli, al suo interno. Parte della corte è, infatti, occupata da pollai, latrine, pozzi d'acqua e cucine all'aperto utilizzate nella stagione estiva. Mentre al centro campeggia il tempietto in cui sono venerati gli antenati dai quali discendono tutti gli abitanti del Tulou.Nessun Tulou è stato mai costruito senza aver prima consultato l'esperto di geomanzia, Fen Shui. L'unico in grado di "leggere" il terreno e gli elementi del luogo e stabilire senza alcuna possibilità di errore la posizione e l'orientamento più favorevoli. Fondamentale, quindi mai casuale, è anche la disposizione del tempio degli antenati (di solito in asse con l'ingresso principale), poiché secondo la tradizione, l’altare degli avi ha il potere di canalizzare le energie positive. Diffondendo per tutto l'edificio salute, ricchezza, felicità e figli maschi. Le persone sono socievoli e curiose dei pochi che si spingono fin lì. Ci mostrano le loro abitazioni. Le donne il mattino si ritrovano in cortile a giocare a Mah jong. 

Il nostro alloggio è al terzo piano di un Tolou una stanza molto semplice con due giacili qualche coperta, il bagno in cortile. Parliamo sino a tardi con i nostri compagni per trovare il coraggio di ritirarci nella nostra stanza. Sarà una lunga notte piena di risvegli. Sopravissuti. Al mattino quello che andiamo a visitare ci ripaga delle fatiche.
Queste architetture sono le singolari abitazioni delle etnie Hakka che sono migrate verso sud per sfuggire alle persecuzioni e alle carestie. Il nome Hakka significa infatti ospiti.Ogni Tolou ospitava un intera comunità completamente autosufficiente di cibo acqua e tutto quello che poteva servire per vivere. Superato l’imponente portone, tra cortili concentrici, scale di legno e lanterne rosse si svolge ancora una vita di campagna dai ritmi antichi.
Direttamente affacciata sulla corte c'è la cucina che è anche l'ambiente dove si trascorrono le giornate invernali; sopra c'è il granaio che all'occorrenza può servire come magazzino; mentre al terzo e al quarto piano si trovano le camere da letto,arieggiate da piccole finestre.
Come un gioco di scatole cinesi, l'edificio principale ne contiene altri, più piccoli, al suo interno. Parte della corte è, infatti, occupata da pollai, latrine, pozzi d'acqua e cucine all'aperto utilizzate nella stagione estiva. Mentre al centro campeggia il tempietto in cui sono venerati gli antenati dai quali discendono tutti gli abitanti del Tulou.Nessun Tulou è stato mai costruito senza aver prima consultato l'esperto di geomanzia, Fen Shui. L'unico in grado di "leggere" il terreno e gli elementi del luogo e stabilire senza alcuna possibilità di errore la posizione e l'orientamento più favorevoli. Fondamentale, quindi mai casuale, è anche la disposizione del tempio degli antenati (di solito in asse con l'ingresso principale), poiché secondo la tradizione, l’altare degli avi ha il potere di canalizzare le energie positive. Diffondendo per tutto l'edificio salute, ricchezza, felicità e figli maschi. Le persone sono socievoli e curiose dei pochi che si spingono fin lì. Ci mostrano le loro abitazioni. Le donne il mattino si ritrovano in cortile a giocare a Mah jong. 
Sono velocissime a mischiare le pedine e ci invitano a provare. Il gioco assomiglia alla nostra scala quaranta.
Anche il panorama intorno è molto gradevole rilassante. Alcune donne lavano i panni e le stoviglie al fiume.
Ci sono degli anziani seduti sotto un albero che fumano pigramente raccontandosi chissà quali storie.
Facciamo fatica a lasciare quest’ atmosfera fuori dal tempo, “almeno” dal nostro tempo.
Ripartiamo con la solita corriera....
Anche il panorama intorno è molto gradevole rilassante. Alcune donne lavano i panni e le stoviglie al fiume.
Ci sono degli anziani seduti sotto un albero che fumano pigramente raccontandosi chissà quali storie.
Facciamo fatica a lasciare quest’ atmosfera fuori dal tempo, “almeno” dal nostro tempo.
Ripartiamo con la solita corriera....
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